Author: varese2.0 (Page 4 of 13)

Project financing di Angelo Rusconi* candidato di VA2.0

 

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Project financing, in italiano finanza di progetto, indica una tecnica di finanziamento applicata tipicamente a progetti infrastrutturali che in virtù di un’elevata prevedibilità dei ricavi possono essere “bancabili” nonostante l’ampio lasso di tempo (anni) che intercorre tra la data di inizio del progetto e quella in cui esso comincia a generare flussi di cassa.

Esempi tipici di questi progetti sono strade, ferrovie, talora impianti di generazione elettrica e naturalmente… piscine e campi di tennis.

Prima di chiederci il perché di questa popolarità in politica di una parola apparentemente così tecnica, vale la pena di leggere quanto scrive l’Istituto Bruno Leoni in un recentissimo articolo (‘Infrastrutture: privatizzare i profitti ma anche le perdite’. BRE-BE-MI e le altre “grandi opere”’ di Francesco Ramella) che analizza la disastrosa (per le tasche dei contribuenti) esperienza della BRE-BE-MI. Non è questa la sede per analizzare i numeri della BRE-BE-MI e nemmeno quella per estendere l’analisi ad un’esperienza a noi molto più vicina come quella della Pedemontana, anche se la tentazione sarebbe molto forte…

Vogliamo invece concentrarci su alcuni dati che riguardano un vastissimo campione di progetti di questo genere (258, realizzati in 20 nazioni e 5 continenti). Secondo lo studio citato nell’articolo (Flyvbjerg, 2003): a) lo scostamento medio tra preventivo e consuntivo oscilla tra il 20.4% (strade) ed il 44.7% (ferrovie e metropolitane); b) un solo progetto su 10 viene completato nel rispetto del budget iniziale; c) per i progetti ferroviari l’utenza reale risulta in media pari al 39% di quella stimata in fase progettuale.

Le conclusioni sono del tutto evidenti. “La non casualità degli errori con la netta prevalenza di quelli che, nella fase di decisione, determinano un bias, ovvero un pregiudizio positivo a favore della realizzazione delle opere […]” rende “quindi ragionevole ipotizzare che non di errori si tratti ma di scelte intenzionali da parte di pianificatori, decisori e promotori volte a favorire l’approvazione ed il finanziamento delle infrastrutture”. In parole povere si mente sapendo di mentire.

E qui forse qualche indizio sulla popolarità del project financing tra la classe politica cominciamo ad averlo. Ma la vera chiave della popolarità di questa tecnica è la sua (apparente) gratuità per i bilanci pubblici. Devo costruire lo stadio? Project financing! Mi manca una tangenziale? Project financing? Devo ristrutturare piscine e campi da tennis? Project financing!

Insomma si lancia il progetto, lo si inaugura tre o quattro volte giusto per essere sicuri che gli elettori si ricordino il politico che ha ‘donato’ alla cittadinanza la preziosa opera pubblica e poi, quando ci si accorge che i ricavi non ci sono, si fanno regali agli imprenditori politicamente connessi e si alzano le tasse ed il debito pubblico.

Venendo al nostro caso specifico sembrerebbe quindi che una “cordata” (termine anche questo ormai inflazionato…) avrebbe presentato un piano che prevede un investimento di oltre 2 milioni di euro finalizzato alla ristrutturazione e alla successiva manutenzione ordinaria e straordinaria di un polo sportivo che comprende Palaghiaccio e Tennis Club Le Bettole. Tale piano, inutile dirlo, prevede che venga promosso un bando per il project financing (“Polo sportivo, c’è il progetto”).

Sorvolando sul fatto che tali progetti abbiano una strana tendenza a palesarsi nel periodo elettorale, è curioso che mentre per anni l’assegnazione della gestione degli impianti comunali sia risultata a dir poco complessa ed il precedente bando sia andato deserto, ora improvvisamente si manifesti un progetto di tale portata.

Ciò non vuol dire rifiutare a priori un progetto potenzialmente utile per la città ma significa invece affermare sin da ora che qualsiasi iniziativa che prevede l’uso di risorse o di strutture pubbliche deve essere gestita in modo pienamente trasparente. Nessun progetto rilevante può essere intrapreso senza una seria analisi costi/benefici.

In particolare nel caso di progetti finanziati con la tecnica del project financing è indispensabile definire in anticipo su chi (investitori privati, banche o comune) graveranno eventuali perdite qualora i ricavi dovessero rivelarsi inferiori alle attese (ipotesi tutt’altro che remota come evidenzia lo studio citato).

Varese 2.0 ha posto al centro della sua proposta politica l’attenzione ad una gestione oculata delle risorse pubbliche. Se il 5 giugno i varesini  concederanno fiducia al Movimento civico nemmeno un euro delle loro tasse verrà sprecato.

 

* Candidato al Consiglio Comunale per il Movimento civico #Varese 2.0, lista Zanzi

 

 

 

 

 

 

BILANCIO CONTESTATO

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L’approvazione del bilancio di previsione 2016 del Comune di Varese è stata contestata e criticata da numerosi consiglieri nel corso della riunione di giunta del 18/5/2016.

Prescindendo dall’appartenenza agli schieramenti politici attuali, molti cittadini si domandano che cosa giustifica l’accollare debiti alla prossima gestione per finanziare faraonici progetti per i quali ,non avendo disponibilità finanziarie, si ricorre al prelievo di risorse e alla svendita di azioni.

Il comportamento del buon padre di famiglia non prevede di accollare debiti sulle spalle dei figli né di dissipare il patrimonio esistente..

Purtroppo è ciò che avviene nel passaggio di consegne fra l’attuale giunta comunale e quella che uscirà dalle votazioni del 5 giugno.

Un altro esempio pratico di spreco di patrimonio e di sacrifici dei contribuenti è quello che prevede l’abbattimento di due immobili, normalmente ed efficacemente utilizzati per la loro collocazione in centro città.

Trattasi del progetto riguardante Piazza Repubblica dove si chiedono milioni per adattare una disastrata caserma che continua a divorare risorse solo per sorreggere muri pericolanti , tamponare cavità sotterranee, pagare parcelle a consulenti, noleggiare attrezzature di controllo, premiare la vincita ad architetti che prevedono boschetti sul cemento, ecc…, tutto ciò per rispettare l’assurdo veto di una sovrintendenza che non sborsa un euro e costringe i varesini a sostenere i costi della sopravvivenza.

Accanto alla moribonda caserma svettano due immobili destinati alla demolizione : il Teatro Apollonio ed il complesso dell’ex collegio S.Ambrogio tuttora sede universitaria.

Coloro che lunedì 16 maggio hanno assistito allo splendido concerto ,offerto alla cittadinanza da Aspem Reti per festeggiare il 200° anniversario di Varese elevata al rango di città, avranno potuto apprezzare la comoda visibilità delle oltre 1200 poltroncine che saranno coinvolte nella demolizione dell’edificio per essere sostituite da un megalomane progetto finanziato con mutui e gioielli di famiglia.

Nella stessa serata si è anche potuto notare che, nonostante la gratuità e l’indimenticabile spettacolo offerto, numerosi posti non erano occupati, perchè evidentemente le proposte teatrali, almeno a Varese, non generano quelle affluenze di pubblico che straripano nei quattromila posti di un palazzetto sportivo nella stessa città.

Colgo l’occasione per ricordare che nelle serate di venerdì 20 e sabato 21 maggio la Compagnia dei Ragazzi della Comunità Pastorale Don Carlo Gnocchi di Varese, propongono un nuovissimo musical il cui ricavato avrà uno scopo benefico (Interi platea 12.50 € e ridotti platea 7.50€)

Si approva la spesa per abbattere il complesso dell’ex collegio S.Ambrogio che accoglie nell’Aula Magna 350 poltroncine attualmente utilizzate per conferenze, concerti e convegni principalmente frequentati ed apprezzati da una generazione con i capelli bianchi.

Tolte le macerie ,una colata di cemento sarà finanziata per realizzare edifici commerciali e residenziali in una città affollata da cartelli VENDESI o AFFITTASI e da un numero sempre crescente di saracinesche abbassate.

Ai cittadini che non possono uscire da un’aula consiliare per dimostrare l’opposizione ad un progetto  contestato da tempo ad amministratori che non ascoltano, sarà sufficiente recarsi alle urne.

Cordiali saluti.

 

De Maria Domenico

Candidati Varese2.0

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Cosa ne facciamo dei vecchi? di Antonio Martina

 

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L’Istat ci dice che la popolazione è destinata ad invecchiare gradualmente. L’età media aumenta da 43,5 anni del 2011 fino ad un massimo di 49,8 anni nel 2059. Dopo tale anno l’età media si stabilizzerà sul valore di 49,7 anni, a indicare una presumibile conclusione del processo di invecchiamento della popolazione. Particolarmente accentuato, entro i prossimi trenta anni, sarà l’aumento del numero di anziani: gli ultra 65enni, nel 2011 pari al 20,3 per cento del totale, aumenteranno fino al 2043, anno in cui oltrepasseranno il 32 per cento. Dopo tale anno, tuttavia, la quota degli ultra 65enni si consoliderà intorno al valore del 32-33 per cento, con un massimo del 33,2 per cento nel 2056. Si tratta di oltre 20 milioni di persone che dovranno lavorare ancora per cinque anni con tutte le conseguenze del caso. Un altro scenario interessante è dato dalla capacità di reddito e quindi di spesa di questa fascia della popolazione che certamente influenzerà l’offerta di prodotti e servizi. Già oggi se ci attardiamo di fronte al televisore e tra i programmi locali, troviamo inserti pubblicitari su: fissatori per dentiere, pannoloni per incontinenti, seggiolini attrezzati come sali-scendi di scale interne, assi water per facilitare seduta e sollevamento, eliminazione delle vasche da bagno sostituite da eleganti docce con maniglioni e seggiolino, materassi  e cuscini particolari in letti semoventi, poltrone che facilitano il riposo assumendo diverse posizioni grazie alle motorizzazioni elettriche applicate, fasce ed apparecchi per dolori di qualsiasi genere, creme rassodanti e anti rughe. Ma si tratta di persone che avranno bisogno, soprattutto, di assistenza geriatrica. E noi non siamo attrezzati per queste crescenti necessità. Ma c’è chi spera peggiorino i recentissimi risultati raggiunti. Nel 2015 l’Italia ha registrato un calo record di abitanti: 150 mila. Gian Carlo Blangiardo, docente di demografia all’Università di Milano Bicocca, sottolinea che per trovare un simile risultato bisogna tornare al triennio 1916 -1918 in cui si sommavano le tristi conseguenze della Grande Guerra e gli effetti letali dell’epidemia “spagnola”. Come se fosse sparita una città di medie dimensioni considerando che si tratta di un saldo naturale ossia del rapporto tra nati e morti con un calo del supporto netto migratorio. In un editoriale dal titolo Abbiamo avuto 150mila invitati in meno al banchetto di capodanno? dice: “se è vero che il 2014 era passato alla storia per il primato della più bassa natalità dai tempi dell’Unità Nazionale, le morti del 2014 hanno sorpassato le corrispondenti nascite per ben 96 mila unità”.

Un’altra considerazione va estesa alle condizioni di maggiore povertà e di una peggiorata assistenza sanitaria, una delle concause di questi risultati. Anche se l’assistenza sanitaria si estende, avviene con minore qualità e responsabilità degli incaricati. Per dirla con una battuta sarcastica pronunciata dal bravissimo Crozza: come faccio a saper se sono grave quando non riesco ad effettuare la Tac indispensabile per fugare dubbi diagnostici? Non riesco per i tempi troppo lunghi di attesa o non posso permettermi di pagarla in strutture private e più veloci; non saprò se ero veramente grave, muoio!

 

 

MARKETING TERRITORIALE: SERVE PROGRAMMARE di Roberta Bianchi

12509613_10206975653622507_8039474799059418264_nL’accentuarsi dei fenomeni di globalizzazione da una parte e dall’altra la crisi che ha colpito la vocazione industriale del nostro territorio hanno sviluppato consapevolezza rispetto alla reale possibilità di creare un volano economico basato sulle potenzialità locali: la ricchezza ambientale del nostro territorio, la vocazione sportiva, i prodotti tipici, musei e siti di interesse artistico.

Questo volano però viaggia un po’ a singhiozzo con forti accelerate solo in occasione dei grandi eventi d’interesse internazionale o durante i mesi di migrazione turistica dal Nord Europa verso altre mete. Spesso il marketing territoriale è confuso con le più semplici attività di promozione e con l’organizzazione di grandi eventi tralasciando invece gli aspetti di programmazione e pianificazione strategica volti a garantire lo sviluppo di un comprensorio territoriale nel lungo periodo. Un esempio sono stati i Mondiali di Ciclismo del 2008. Ottimizzare l’impegno territoriale su questo grande evento avrebbe portato Varese nella top list delle mete turistiche dei ciclisti amatoriali. Esperienza vista per esempio sul vicino Lago di Garda o in Romagna dove da Febbraio a Giugno alcuni hotel fanno il tutto esaurito rispondendo così a una crescente domanda di turismo sportivo internazionale.

Obiettivo del marketing territoriale nelle sue varie declinazioni, turistico, urbano, dei distretti o dedicato ad attrarre investimenti sul territorio, è di creare relazione con i diversi mercati rappresentati dalle scelte di governo della città e quindi programmare progetti in funzione delle domande e degli obiettivi che si intende raggiungere.

Fare programmazione strategica di marketing significa distinguere obiettivi e mercati riconoscendo a ognuno le sue specificità e accettandone le differenze in termini di domanda; conoscere a fondo il territorio esplorando anche le potenzialità dell’area vasta riconsegnando a Varese la sua centralità di capoluogo di provincia. In questo modo sarà facile evidenziare punti di forza e di debolezza così come anche i rischi ma soprattutto le opportunità sulle quali Varese può contare per un suo sviluppo nel medio e lungo periodo. Come per un’azienda il brand contiene non solo gli aspetti distintivi ma la sua storia ovvero i valori, la riconoscibilità, l’esperienza e le aspettative dei consumatori. In questo modo il territorio sviluppa il proprio brand attraverso la fruizione da parte dei suoi diversi pubblici . Il brand Varese ha quindi bisogno di scegliere anche gli strumenti di comunicazione più efficaci. Internet, social network e nuovi media sono gli strumenti che il marketing territoriale deve saper utilizzare. Il brand Varese dovrà essere riconoscibile quindi identificabile anche a distanza e in un momento temporale antecedente a quello della fruizione dunque fruibile nei termini che il mercato si attende e accessibile dal punto di vista urbano e dell’accoglienza.

 

 

 

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