Author: varese2.0 (Page 1 of 13)

Emergenze e realismo di Cesare Chiericati

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“Annuncite e inaugurite” sono due patologie endemiche che affliggono la politica italiana a tutti i livelli: nazionale, regionale, locale. Trascuriamo in questa circostanza i primi due ambiti e soffermiamoci brevemente sul terzo limitandoci, per ora, alla prima delle due patologie che, dobbiamo prenderne atto, sembra avere dei focolai ben annidati a Palazzo Estense e resistenti, per ora, anche al vento purificatore che dovrebbe soffiare in uffici e corridoi dopo la vittoria del centrosinistra alle elezioni del 19 giugno scorso.

Ancora una volta, anche per i nuovi amministratori, la fretta si è dimostrata cattiva consigliera. Ci riferiamo ovviamente al pasticcio dell’eliminazione del costo dei parcheggi nelle vie del centro durante la pausa pranzo (12 – 14) e nelle ore serali, cioè dopo le 20. Nel giro di poche ore si è passati dal consolatorio “liberi tutti” al competitivo “chi primo arriva meglio alloggia” nel senso che chi non riuscirà a piazzare l’auto nella zona “liberalizzata” finirà per sentirsi, come dicono a Napoli, “cornuto e mazziato”. Ovviamente il pasticcio del mezzogiorno ha messo di buon umore le opposizioni che hanno cominciato a tirare, legittimamente, qualche sasso in piccionaia. Un po’ più di cautela avrebbe evitato inutili siparietti e il disappunto di molti esercenti, soprattutto se si fosse precisato con la dovuta energia che l’intera questione della sosta nell’ora di pranzo sarà puntualmente riconsiderata all’interno di un piano della mobilità cittadina che sta scritto a chiare lettere nelle tavole del programma galimbertiano.

Senza contraccolpi immediati ma con un filo di enfasi di troppo anche l’annuncio dell’imminente installazione di cinque postazioni di telecamere intelligenti ( due per sito) che controlleranno il traffico in entrata e in uscita dalla città giardino: in viale Belforte, a Largo Flaiano, in viale Borri, a Masnago e a Casbeno. Secondo gli esperti saranno in grado di individuare le auto rubate, di smascherare quelle prive di assicurazione, rilevare l’ora esatta del transito, il tipo di veicolo, la dimensione  e quant’altro. Insomma un dispositivo di tipo orwelliano che, come da copione, aumenterà la sicurezza a scapito della privacy  in nome della quale continuiamo a firmare liberatorie fasulle. Comunque sia, se funzionanti, saranno di non poca utilità, un progetto varato dalla giunta Fontana che dovrebbe concretizzarsi  entro l’estate. Ma attenzione si cerchi di non vendere anzitempo la classica pelle dell’orso. La storia recente di Varese è ricca di roboanti annunci e di altrettanto roboanti flop, guarda caso proprio in tema di telecamere come quelle di vicolo Canonichetta( quattro anni di attesa per piazzarne una tra l’altro non risolutiva) e  il cervellotico sistema di controllo  via telefono cellulare, di piazza Repubblica, un fiasco da 10 mila euro. Per restare in Piazza Repubblica e ai costosi progetti di sistemazione forse sarebbe il caso di tornare a discuterne seriamente, cifre alla mano, senza dare per scontate soluzioni ( Biblioteca civica nell’ex caserma) che scontate invece non sono. Di emergenze grandi e piccole la città del resto è ricca: dal ricorrente endemico degrado di alcune zone centrali e periferiche ai più complessi problemi del traffico veicolare e via elencando. E nessuno possiede la classica bacchetta magica. A furia di annunci disattesi le giunte precedenti hanno fiaccato la resistenza e la pazienza dei varesini elettori che hanno scelto nuovi amministratori. Da quest’ultimi è lecito attendere un rapido passaggio dai gioiosi bilanci preventivi cari ai predecessori ai bilanci consuntivi, con il fatto e il non fatto in bella evidenza e le relative motivazioni. Come dire che dal “faremo, realizzeremo, interverremo” è assai più convincente e costruttivo approdare al più sobrio  “abbiamo fatto”. Portando risultati concreti e dando prova di sapere, almeno qualche volta,  resistere alle quotidiane sirene mediatiche.

DICHIARAZIONE DI VOTO COME CAPOGRUPPO DI VARESE 2.0

(5) Valerio Crugnola_20160527151312

Sin dalla campagna per le primarie, il Comitato Civico Varese 2.0, in uno dei tanti paragrafi del proprio programma, ha sostenuto la necessità di instaurare nei lavori del Consiglio Comunale quel clima di fattiva cooperazione tra maggioranza e minoranze che è totalmente mancato durante i XXIII anni dell’Era Leghista.
Siamo sempre stati estranei alla politica illiberale dello spoil system e dell’occupazione di ogni interstizio di potere, e alle logiche politiciste delle appartenenze.
Per queste ragioni, per incarichi bipartisan quali la presidenza del Consiglio Comunale e delle relative Commissioni, riteniamo corretto il coinvolgimento delle opposizioni. Tutte le questioni politiche sono per noi questioni di stile, così come tutte le questioni di stile sono questioni politiche.
Il voto a Stefano Malerba per la carica (in sé non politica) di Presidente di questo Consiglio è per noi semplicemente e soltanto un atto di coerenza.
Certo, avremmo preferito una soluzione più rappresentativa delle forze di minoranza. E avremmo preferito una soluzione meno ambigua presso una fetta di opinione pubblica, date le avances fatte dall’interessato nei confronti della maggioranza.
Purtroppo non vi erano, o non si sono rese disponibili, o non sono state esplorate soluzioni alternative che rispondessero a criteri di qualità del profilo politico e biografico e dell’affidabilità per questo incarico.
Queste avances sono da noi respinte al mittente, o – più precisamente – ai mittenti nemmeno troppo occulti. Per il nostro Comitato Malerba e l’entourage che lo spalleggia – in più di un caso inquietante – non sono in alcun modo interlocutori politici: sono, restano e devono restare in futuro, per tutto il quinquennio, una componente delle opposizioni.
Se qualcuno volesse pensare ad un allargamento della maggioranza verso forze o personaggi fino a ieri organiche al composito blocco delle destre, dovrà mettere in conto in realtà una restrizione della maggioranza, poiché Varese 2.0 abbandonerebbe senza indugi una coalizione così stravolta.
Ci auguriamo che la nostra posizione sia condivisa da tutti i consiglieri – ad uno ad uno e nessuno escluso – eletti nella coalizione che ha portato Davide Galimberti a uno storico successo.
Troviamo invece bizzarro e fuori da ogni logica ragionevole la scelta della coalizione di destra guidata da Orrigoni di votare una candidata eletta con la maggioranza. Noi non voteremmo per burla Roberto Maroni. Queste forze giocano a fare confusione e a sollevare polveroni mediatici in un momento in cui Varese necessita, da parte di tutti, il massimo della serietà.
Ci sia perdonata la nostra usuale franchezza.

Varese, 9 luglio 2016, prima seduta del Consiglio Comunale

I Cento Giorni: di Maniglio Botti

Il più gravoso impegno dopo la vittoria

 

Nella storia il periodo dei “cento giorni” intercorre tra l’uscita di Napoleone dall’Elba, il ritorno a Parigi e la battaglia di Waterloo. Di converso ci si può riferire all’abbandono della capitale di Luigi XVIII di Borbone, all’arrivo di Napoleone, e infine alla restaurazione della dinastia. Più o meno si va dal 20 marzo all’8 luglio del 1815.

In politica i cento giorni rappresentano, invece, i primi passi di un governo e di un’amministrazione. Sono gli atti più importanti, sotto il profilo dell’interpretazione delle cose fatte e da fare, che danno un’indicazione sulla realizzazione delle promesse annunciate durante la campagna elettorale da parte di un candidato sindaco o di un presidente. È anche e soprattutto in questa durata temporale che si può misurare la futura bontà di un governo.

Per il neo-sindaco della città di Varese, Davide Galimberti, passati i doverosi momenti di esultanza per avere sconfitto in casa la Lega, dopo ventitré anni di assoluto dominio, i cento giorni scadranno alla fine del prossimo mese di settembre. Gli si concedano pure due o tre settimane di abbuono – perché in Italia le vacanze di agosto sono sacre per tutti – ma è chiaro che nell’autunno ormai inoltrato, diciamo intorno alla metà o alla fine di ottobre, sarà opportuno cominciare a fare qualche bilancio.

L’appuntamento più importante ora, che comporterà valutazioni dalle quali in ogni caso non ci si può sottrarre,  ancora prima dell’autunno, è quello della formazione della giunta. Già da qui, se saranno scelti uomini (e donne) in gamba e potenzialmente capaci a seconda delle loro professionalità, oppure se si realizzerà una distribuzione di incarichi “alla Cencelli”, ci si potrà rendere conto della carica innovativa del prosieguo e dello spirito di cambiamento. Beninteso, si tratta ancora di mosse politiche. Sarà poi più difficile e complicato muoversi all’interno delle aeree tecniche – importantissime – e dei funzionariati, perché vale sempre il detto: i sindaci e gli assessori passano, i funzionari restano.

Da noi, in Italia, non è previsto il sistema dello spoil system,  per cui, per fare in modo che tutto cambi e niente resti come prima, ci si dovrà affidare alle  consulenze e ai consigli di uomini di macchina, che bene conoscono l’amministrazione varesina e che anche fanno parte della nuova compagine di centrosinistra che siederà a Palazzo Estense.

Già la presenza continua di Galimberti nei rioni e nelle castellanze varesine, in queste primissime fasi di partenza, allo scopo di capirne le necessità e di segnalarle sull’agenda, intanto, fa bene sperare. Il neo-sindaco sta dimostrato un’azione da motore diesel. Ma è chiaro che poi alle necessità bisogna rispondere in modo concreto.

Un’altra cosa da fare nell’immediato è prendere in mano i problemi  che, a quanto pare, hanno causato la caduta leghista. In primis la questione del parcheggio-bunker alla Prima  Cappella. Un’analisi approfondita, poi, del recupero di piazza Repubblica si rende necessaria. Sono temi su cui non si possono creare equivoci: massima chiarezza. Comportamenti che vanno bene al di là della promozione e della propaganda politica.

I primi cento giorni, e se vogliamo anche qualcosa di più, non riguardano però soltanto il nuovo sindaco e la nuova giunta, ma anche l’opposizione. Rimarremmo delusi, per esempio, se l’uomo che ha conteso a Galimberti il primo seggio del Palazzo, Paolo Orrigoni, dovesse gettare la spugna. Il suo comportamento lineare durante la campagna elettorale, le sue capacità di giovane imprenditore di successo potrebbero essere messe al servizio della città. Anche in quell’ambito di opposizione “seria, critica e costruttiva” che è  giusto e normale aspettarsi.

E rimarremmo ancora più delusi se si debba fare presto a meno di quella presenza in aula – utile e per nulla ingombrante – del capolista della Lega, nientemeno che Bobo Maroni, presidente della Regione Lombardia. Quello stesso Maroni che proprio da Palazzo Estense prese le mosse per una carriera politica d’eccellenza. Ci rendiamo conto che contemperare gli impegni del Pirellone e quelli varesini non sarà facile. Ma è stata questa una decisione che si sarebbe dovuto prendere in precedenza. Una sua eventuale defezione, a questo punto non bene motivata, spiegherebbe ancora di più un clima di sfiducia e di poca credibilità  che la Lega in parte ha pagato, ma che potrebbe pagare ancora di più.

Varese – Cure tempestive per arrestare il declino di Cesare Chiericati

 

Cesare 004“ Venezia è la metafora dell’Italia, un paese che non riesce a passare dalla cultura dell’emergenza a quella della manutenzione”. Questa lapidaria battuta, che nel corso degli ultimi decenni ha trovato troppo spesso drammatica conferma, me la disse, più di una ventina di anni fa, un alto funzionario della sede Unesco della Serenissima allora alle prese con l’avvio del faraonico progetto Mose, ancor oggi incompiuto dopo aver disseminato di scandali e ruberie –trasversali a tutte le forze politiche – il suo faticoso cammino. Alla verità amara di quelle valutazione non sfugge neppure Varese che in questi giorni di inizio estate sta preparandosi a una nuova stagione amministrativa nel segno di un’annunciata discontinuità rispetto a un passato punteggiato di disattenzioni grandi e piccole, sciatterie e inerzie di diversa declinazione e grandezza: come strade e marciapiedi in abbandono; un’alta percentuale di tombini intasati; muri orrendamente sconciati dai graffiti, piccole discariche a cielo aperto; intere aree cittadine in semi abbandono; illuminazione pubblica a pelle di leopardo con vie e brani di quartieri e castellanze al buio per settimane. Un problema quest’ultimo che si trascina dai tempi delle giunte Fumagalli e che si ripresenta a cadenze costanti.

Ci fu un momento (prima giunta Fontana) che per oltre un anno l’ingresso serale da viale Belforte era fiocamente illuminato solo dalle luci di  alcuni negozi e concessionari d’auto che hanno sede sul lato sinistro della strada. Contai nella circostanza la bellezza di ben ventitre lampioni spenti. La risposta alla mia segnalazione da parte dell’assessorato ai lavori pubblici fu lapidaria quanto burocraticamente ridicola e indisponente:” in effetti in quella zona abbiamo delle criticità”. Sono risposte come questa che i varesini non sono più disposti ad accettare, men che meno da un’amministrazione che dichiara di giocare il suo futuro sul cambiamento, sia nello stile sia nel merito.

Nell’ora della razionalizzazioni degli uffici comunali, della revisione delle deleghe, della puntuale ricognizione su entrate e uscite, della scelta – davvero non semplice – dei nuovi assessori, donne o uomini che siano, la cosa più importante da conoscere sono le reali condizioni di salute della città e della sua amministrazione. In base alla diagnosi, che mi auguro lucida e impietosa, si dovrà realisticamente decidere cosa si potrà promettere e fare e cosa invece no. Per cercare di affrontare la lunga serie di criticità accumulate nel tempo, durante l’accidiosa gestione dell’esistente da parte delle precedenti amministrazioni, i prossimi cinque anni sono un tempo troppo breve. Alcuni nodi gordiani che stringono alla gola Varese come la sistemazione delle stazioni in vista del completamento dell’Arcisate – Stabio; l’afflusso veicolare dall’autostrada direttamente in centro; la sistemazione di Piazza Repubblica; il recupero delle aree dismesse; la revisione del Pgt, il risanamento del lago richiedono valutazioni attente e studi rigorosi. Non, per intenderci, come quelli che hanno generato il masterpaln dell’ex piazza mercato. In tutti questi casi la fretta sarebbe una pessima consigliera e il conseguente saldo politico sicuramente in rosso.

La giunta esordiente dovrà giocoforza operare in sincrono su due registri di lavoro: l’oggi delle sin qui neglette manutenzioni ordinarie e straordinarie e il domani dei progetti strategici capaci di tratteggiare finalmente il volto di un’altra e più vivibile Varese. Nella serena consapevolezza che i tempi lunghi saranno accettati e capiti dai cittadini unicamente se si vedranno cambiamenti e progressi concreti nel giorno dopo giorno della quotidianità urbana.

 

 

Un’agenda urbana per la Città Giardino

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Michela Barzi

Il nuovo corso politico iniziato una settima fa impone una riflessione su come Varese possa affrontare questo cambiamento anche per quanto riguarda alcune questioni decisive che possono definire gli scenari urbani in un modo o in un altro.

In alcuni contributo pubblicati nei mesi scorsi ho evidenziato i limiti del modello disperso che ha finora caratterizzato la cosiddetta Città Giardino. Lo sviluppo a bassa densità edilizia e demografica ha provocato la fuoriuscita della città reale dai suoi confini amministrativi: oggi il comune di Varese contiene solo il 40% circa degli abitanti di quell’agglomerato urbano che si estende per 10-15 chilometri  oltre i confini amministrativi del capoluogo, dove vivono più di 200.000 persone. Come identificare dunque  la città reale e conseguentemente governarla,  tenendo conto che la vecchia dimensione municipale è scarsamente efficace quando si tratta di affrontare i complessi problemi dell’ambiente urbano? Come è possibile integrare all’interno dell’area varesina i cittadini che abitano dentro e fuori i limiti amministrativi  del capoluogo? In che modo pensare al governo di un territorio i cui confini sono ancora tutti da definire? Quale interlocuzione avviare con gli altri enti territoriali avendo ben presente l’ articolazione di questi confini? Come, in sintesi, si governa la trasformazione della città nella dimensione dell’area vasta , la quale può  ormai dirsi un fatto compiuto più che un concetto della pianificazione territoriale?

Ancor prima di rispondere alle domande qui poste è bene che Varese si chieda però se quel modello di sviluppo urbano a bassa densità edilizia e demografica  e alta pervasività  territoriale possa ancora funzionare quando si tratta di affrontare alcune sfide decisive che la complessità dell’ambiente urbano ci pone.  Una di queste è rappresentata dal  traffico veicolare che soffoca l’area varesina e che impone una riflessione sulla mobilità dei suoi abitanti a partire da una visione meno auto-centrica. D’altra parte, se la principale connotazione di Varese  è una densità di popolazione che si attesta appena sotto i 1500 abitanti per chilometro quadrato – mentre un capoluogo lombardo assai simile per caratteristiche insediative come Como supera i 2200 – non c’è da meravigliarsi che Varese sia il capoluogo lombardo con il più alto tasso di motorizzazione, dato che disperdere gli abitanti sul territorio significa generare un maggior bisogno di mobilità.

Il primo punto di un’agenda urbana per Varese è quindi quello della densità: come si definisce il rapporto ottimale tra aree costruite e libere nel tessuto urbano – che a Varese è fortemente connotato dalla presenza del verde privato – in grado di esprimere maggiore efficienza ambientale e qualità della vita per chi lo abita? Come rafforzare il senso di urbanità, fatto di quel mix di funzioni necessarie a supportare la vita dei cittadini, senza stravolgere l’identità di un luogo che, con felice espressione, Daniele Zanzi ha definito la città in un giardino. Come si rende più densa – di persone, di attività economiche, di servizi e anche di parchi e giardini pubblici – una città che si è diluita sul territorio circostante grazie al massiccio uso dell’auto privata?

Va da sé che il secondo punto di un’agenda urbana sia quello della mobilità: se si diminuisce il bisogno di spostamenti in auto, rendendo più denso e ricco di funzioni il tessuto urbano, bisogna mettere in condizione i cittadini di spostarsi agevolmente a piedi, in bicicletta e con i mezzi pubblici per andare al lavoro, a scuola, a fare le compere e ad usufruire dei differenti servizi . In una città che ha scelto di mantenere solo il controllo dei parcheggi e ha dismesso quello del trasporto pubblico se si vuole migliorarne la vivibilità diventa urgente ribaltare questa visione della mobilità basata sull’auto privata.

Il terzo punto riguarda, conseguentemente, il modo in cui alcuni nodi pluridecennali verranno sciolti: come verrà affrontata la questione dell’unificazione delle stazioni, cioè del nuovo hub del trasporto pubblico locale e di scambio modale della mobilità degli abitanti dell’area varesina? Una soluzione che sappia tenere nel giusto conto il fatto che l’area varesina è parte della regione metropolitana milanese è senza dubbio auspicata dai tantissimi varesini (in senso lato) che ogni giorno prendono un mezzo pubblico per svolgere la loro attività lavorativa o di studio. Lo stesso dicasi per la sutura di quella ferita al corpo della città rappresentata dal raccordo autostradale: nessuna politica di mobilità urbana può prescindere dall’affrontare il nodo di come si può evitare che il traffico veicolare si riversi direttamente dall’autostrada dei Laghi nel centro cittadino. A questi due punti si collega la questione di un nuovo assetto di piazza della Repubblica, il cui posteggio multipiano interrato è stato concepito come il contenitore dei flussi di traffico in arrivo dal raccordo autostradale e dal sistema viario dell’area urbana. Ancor prima della questione della ex caserma Garibaldi e del teatro – e degli scenari volumetrici che si produrranno sul sedime del progetto di riqualificazione della piazza – sarebbe bene capire come ribaltare l’identità di quel luogo che più che una piazza è la copertura di un posteggio con annesso centro commerciale.

L’energia che ha permesso il cambiamento politico del governo della città, fatta di idee, riflessioni, proposte e  soprattutto opposizione ad alcune scelte della precedente amministrazione, deve essere usata per definire una visione di Varese nei prossimi 5-10 anni. Sembra paradossale, ma rispetto la piatta gestione dell’esistente alla quale la città è stata sottoposta nei decenni passati si tratta di una rivoluzione.

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