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LA SFIDA DELL’INTEGRAZIONE di Olga Mweya candidata Va2.0

 

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La popolazione straniera è una grande risorsa per Varese. Si tratta del 12,5% della popolazione residente: 10.070 persone su 80.600. I paesi di provenienza sono 120. I livelli di istruzione e occupazione sono medio-alti. In maggioranza si tratta di giovani, spesso nati in Italia e italiani per cultura e stili di vita. A queste cifre vanno aggiunte le persone ormai italiane a tutti gli effetti, spesso pienamente integrate.vA Varese e nel suo hinterland non vi sono tensioni tra autoctoni e migranti, tra italiani e stranieri.

Due altri dati devono avere il giusto peso. 1) La presenza temporanea di profughi, rifugiati e richiedenti asilo a Varese e dintorni non supera le 500 unità, e non è avvertita dalla popolazione residente. 2) In gran parte la popolazione straniera è cristiana o non credente. Meno di un quarto è costituito da quegli islamici che una quota della popolazione autoctona avverte come minacciosi.

Come ovunque, vi sono sacche di emarginazione, non però diverse da quelle che colpiscono la popolazione italiana. L’esposizione alla marginalità e alla povertà non ha nazione. È il degrado prodotto da chi ha amministrato la città ad attrarre fenomeni di devianza; non sono i fenomeni di devianza a provocare il degrado.

 

Il primo obiettivo è di offrire alla popolazione una conoscenza razionale, dati alla mano, delle condizioni della popolazione straniera residente, in modo da correggere distorte percezioni soggettive.

Altri obiettivi riguardano il miglioramento delle condizioni di integrazione. Occorre:

  • ridurre la separazione tra i vari gruppi di provenienza degli stranieri e i nativi italiani. Vivere fianco a fianco e facilitare le occasioni di incontro migliorano la conoscenza reciproca.
  • ridurre i livelli di marginalità con interventi mirati, soprattutto nell’accesso ai servizi sociali primari e nei loro costi;
  • prevenire potenziali conflitti con comportamenti politici oculati.

La lingua madre è la sola identità forte che caratterizza il mondo contemporaneo. I migranti possono averne più di una. Migliore sarà il possesso della lingua italiana, e migliori saranno il senso di appartenenza a un medesimo gruppo culturale e i livelli di convivenza. Nello stesso tempo è bene che le seconde generazioni conoscano la lingua dei loro genitori. È possibile fare qualcosa in ambedue le direzioni.

Di fatto Varese è una città cosmopolita, ma ancora soffocata da una mentalità provinciale. Così le sue potenzialità vengono sprecate. Bisogna lavorare su ambedue le mentalità: quella dei migranti (soprattutto nelle discriminazioni di genere), e quella degli autoctoni (soprattutto nei pregiudizi xenofobi).

Chiediamo agli elettori di compiere scelte meditate, e non in preda alla paura e alla demagogia.

COMITATO CIVICO VARESE 2.0 di Valerio Crugnola

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«Fare per fermare il declino»:

le politiche per il lavoro

 

Varese è una città che ha smarrito pressoché tutte le sue radicate vocazioni produttive, industriali e terziarie. Il declino della città e del suo hinterland sono sotto gli occhi di tutti. Serve una discontinuità netta con le fallimentari politiche delle passate amministrazione. Ecco le nostre proposte.

 

▪ Per amministrare, occorre conoscere e monitorare costantemente l’andamento del ciclo economico e il mercato del lavoro mediante studi commissionati alla facoltà di Economia dell’Università dell’Insubria sotto forma di assegni di ricerca a dottorandi coordinati dai docenti specialisti. In parallelo a queste indagini in profondità, andrà istituita una commissione extraconsiliare costituita da rappresentanti dell’Ente locale, delle imprese e delle  associazioni di categoria per monitorare semestralmente l’andamento del ciclo economico nell’area vasta, per accogliere suggerimenti, proposte e segnalazioni di criticità, nonché per migliorare i rapporti orizzontali tra l’amministrazione e i mondi del lavoro.

▪ I ruoli degli enti locali in materia di lavoro sono limitati. Ma entro quei limiti è possibile uscire dall’inerzia avvilente degli ultimi anni. Il nostro obiettivo come coalizione civica e democratica è quello di favorire la creazione di nuovi posti di lavoro a favore di giovani, donne e disoccupati di lungo periodo  residenti a Varese e nell’area vasta. Per conseguirlo, riteniamo che l’amministrazione pubblica e gli imprenditori (operanti in loco o qui giunti da fuori) debbano convergere su una piattaforma comune di mutuo aiuto e di mutuo vantaggio. Gli interventi più urgenti hanno per lo più anche effetti immediati: fiscali e amministrativi, per le imprese; conoscitivi, per il governo della città; formativi, per l’occupazione; organizzativi, per il coordinamento degli sforzi; politici, per acquisire fondi da destinare progetti speciali; tecnologici, per adeguare i servizi ai livelli più avanzati (ad esempio la banda XL e XXL).

▪ A tali fini andrà costituita, con funzioni di confronto decisionale e di coordinamento attuativo, una task force composta da esponenti del sistema delle imprese, delle associazioni di categoria, delle istituzioni regionali, provinciali e di area vasta, delle scuole ad indirizzo professionale, dell’università e altri centri di formazione, e di altri attori temporanei, come gli esponenti del governo centrale. Questa task force dovrà soprattutto: – adoperarsi per modificare o migliorare i rapporti tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, potenziando e differenziando l’offerta formativa nell’istruzione professionale, negli studi universitari e postuniversitari e in nuove istituzioni ad alto contenuto di conoscenza, nonché cercando di riqualificare chi viene precocemente espulso dal mercato del lavoro o fatica ad entrarvi; – agevolare con politiche e norme opportune chi assume giovani o reinserisce disoccupati con contratti conformi alle leggi o espande le dimensioni produttive delle imprese; – costruire in modo diretto o indiretto reti e sistemi di integrazione infrastrutturale e produttiva, anche informatici, con altre aree territoriali; – promuovere l’economia locale mediante la cultura, le attività scientifiche, le pratiche sportive e la valorizzazione delle risorse turistiche; – favorire la transizione alla digitalizzazione di tutti i servizi sul territorio (inclusi quelli sanitari), alla green economy, alla cashless economy e alla social economy, che produce servizi sociali da destinare a donne, anziani, deboli, famiglie in difficoltà, meglio se coinvolgendo giovani preparati nel settore e persone precocemente espulse dal mercato del lavoro e riqualificabili.

▪ Per preparare scenari favorevoli a medio–lungo termine, è decisivo il ruolo dell’università come «ecosistema della conoscenza» e come polo per attrarre studenti, saperi, infrastrutture e servizi.

▪ Vanno sostenute le imprese di nuova generazione capaci di fare innovazione, in particolare con politiche di non tassazione locale – la cosiddetta No Tax Policy – per un minimo di tre anni a favore delle nuove imprese fino a un massimo di dieci dipendenti.

▪ Anche grazie a una politica urbanistica capace di recuperare il gap di infrastrutture e servizi, un aiuto consistente alle nuove imprese potrà venire dal recupero di aree industriali dismesse a costi agevolati, o addirittura di edifici che presentino le dovute caratteristiche di flessibilità.

▪ Occorre concentrare gli sforzi per invertire la rotta nei confronti del basso Canton Ticino e tornare ad attirare qui attività produttive anziché farle fuggire oltre il confine svizzero. Un appoggio del governo centrale e regionale è decisivo. Nel merito, andranno valutate le modalità più efficaci per creare un sistema low tax che incentivi il rientro delle aziende delocalizzate all’estero, e non solo in Svizzera. In parallelo, andranno sviluppate o accresciute le politiche a tutela dei frontalieri. Non si dimentichi però che il fattore che rende concorrenziale il Basso Ticino a scapito dell’Alto Varesotto è dato dai costi della burocrazia, troppo onerosi in termini di tempo, denaro e altre risorse. La semplificazione burocratica è un imperativo categorico per il sostegno al lavoro.

▪ Di immediata e urgente attuazione sono altre misure per facilitare il lavoro: – la semplificazione e lo sveltimento delle pratiche amministrative e burocratiche; – il sostegno al coworking, anche mettendo a disposizione a costi calmierati edifici di proprietà comunale (spazi idonei potrebbero essere ricavati entro l’enorme volumetria dell’ex Caserma); – l’incentivazione alla presenza delle donne nel mercato del lavoro, ad esempio consentendo la cura in comune dei bambini nelle aggregazioni produttive o di coworking, purché vi sia un numero sufficiente di madri con bimbi tra 1 e 4 anni; – l’adozione di sgravi fiscali e semplificazione a chi intraprende le attività produttive.

▪ Va premiato chi fa innovazione: gli artigiani per la qualità e la novità del prodotto; gli agricoltori in ambito ortofrutticolo che si dedicano a coltivazioni biologiche certificate; i produttori di servizi digitali; gli operatori nel commercio elettronico, in quelli di qualità, di nicchia e di prossimità; i proprietari di appartamenti o monolocali che li rendono fruibili per brevi affitti temporanei; chi riqualifica con le proprie imprese il centro e le periferie oggi degradate o lasciate a se stesse, impegnandosi nella fruizione qualitativa del tempo libero, della cultura e della vita associata; chiunque concorra con nuove forme di trasporto a ridurre il traffico delle  auto private.

▪ L’impegno per risanare la città dal degrado diffuso può essere fonte di occupazione temporanea in cui la donazione di tempo libero e abilità manuali si associa con limitate integrazioni di reddito.

▪ Infine, il miglioramento del sistema dei trasporti pubblici può ridurre le diseconomie che gravano sui lavoratori dipendenti e sulle imprese.

 

Il vostro voto alla lista del Movimento Civico Varese 2.0 andrà a rafforzare

questi orientamenti entro la coalizione che sostiene la candidatura di Davide Galimberti

C’è qualcosa di nuovo di Rosanna Vitali detta Geny candidata Varese2.0

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C’è qualcosa di nuovo che merita una riflessione e anche il tuo voto
Siamo 32 in questa Lista. Il capolista è Daniele Zanzi, colui che più si è speso nel tempo (non solo nelle ultime 4 settimane!). Con #Vareseduepuntozero lo ha fatto negli ultimi 3 anni, per affrontare chi decideva e praticava per la Città scelte sciagurate e anche scellerate, riuscendo talvolta ad impedirle con la sola forza dell’impegno civico. Siamo fuori dai partiti che vediamo da decenni distaccati dalla realtà della persona comune, del lavoratore, dello straniero, del “contribuente”, non solo quello abbiente, nelle cui tasche si fruga per coprire i buchi di amministrazioni e gestioni pubbliche miopi, inconcludenti, disattente e sprecone. Ma abbiamo idee politiche e le abbiamo incrociate al servizio di uno scopo: darci un’alternativa di cambiamento.
Guardate ora le altre Liste. E’ un voto vecchio quello che chiedono. Hanno strumenti diversi dai nostri, che ci autotassiamo per produrre una comunicazione elettorale diretta e non capillare. Nessuno potrà influenzarci, perché nessuno avrà crediti nei nostri confronti a partire dal 6 giugno. Non abbiamo sfruttato la semi-popolarità d’alcuno che fornisca una maschera a burattinai per i quali il destino di Varese è stato, ed è, d’evidente disinteresse.
Siamo INDIPENDENTI. Per questo possiamo proporci quali controllori, dall’interno, dell’operato di una Amministrazione comunale che pretenderemo agisca in trasparenza, in efficienza, con la dovuta attenzione ed oculatezza, con una programmazione condivisa e rispetto per il patrimonio comune: il verde della nostra “Varese in un giardino” e le nostre privilegiate risorse naturali, quelle storiche e artistiche, la nostra cultura, la libera inventiva ed iniziativa individuali che hanno prodotto il benessere che Varese merita di riconquistare.

Project financing di Angelo Rusconi* candidato di VA2.0

 

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Project financing, in italiano finanza di progetto, indica una tecnica di finanziamento applicata tipicamente a progetti infrastrutturali che in virtù di un’elevata prevedibilità dei ricavi possono essere “bancabili” nonostante l’ampio lasso di tempo (anni) che intercorre tra la data di inizio del progetto e quella in cui esso comincia a generare flussi di cassa.

Esempi tipici di questi progetti sono strade, ferrovie, talora impianti di generazione elettrica e naturalmente… piscine e campi di tennis.

Prima di chiederci il perché di questa popolarità in politica di una parola apparentemente così tecnica, vale la pena di leggere quanto scrive l’Istituto Bruno Leoni in un recentissimo articolo (‘Infrastrutture: privatizzare i profitti ma anche le perdite’. BRE-BE-MI e le altre “grandi opere”’ di Francesco Ramella) che analizza la disastrosa (per le tasche dei contribuenti) esperienza della BRE-BE-MI. Non è questa la sede per analizzare i numeri della BRE-BE-MI e nemmeno quella per estendere l’analisi ad un’esperienza a noi molto più vicina come quella della Pedemontana, anche se la tentazione sarebbe molto forte…

Vogliamo invece concentrarci su alcuni dati che riguardano un vastissimo campione di progetti di questo genere (258, realizzati in 20 nazioni e 5 continenti). Secondo lo studio citato nell’articolo (Flyvbjerg, 2003): a) lo scostamento medio tra preventivo e consuntivo oscilla tra il 20.4% (strade) ed il 44.7% (ferrovie e metropolitane); b) un solo progetto su 10 viene completato nel rispetto del budget iniziale; c) per i progetti ferroviari l’utenza reale risulta in media pari al 39% di quella stimata in fase progettuale.

Le conclusioni sono del tutto evidenti. “La non casualità degli errori con la netta prevalenza di quelli che, nella fase di decisione, determinano un bias, ovvero un pregiudizio positivo a favore della realizzazione delle opere […]” rende “quindi ragionevole ipotizzare che non di errori si tratti ma di scelte intenzionali da parte di pianificatori, decisori e promotori volte a favorire l’approvazione ed il finanziamento delle infrastrutture”. In parole povere si mente sapendo di mentire.

E qui forse qualche indizio sulla popolarità del project financing tra la classe politica cominciamo ad averlo. Ma la vera chiave della popolarità di questa tecnica è la sua (apparente) gratuità per i bilanci pubblici. Devo costruire lo stadio? Project financing! Mi manca una tangenziale? Project financing? Devo ristrutturare piscine e campi da tennis? Project financing!

Insomma si lancia il progetto, lo si inaugura tre o quattro volte giusto per essere sicuri che gli elettori si ricordino il politico che ha ‘donato’ alla cittadinanza la preziosa opera pubblica e poi, quando ci si accorge che i ricavi non ci sono, si fanno regali agli imprenditori politicamente connessi e si alzano le tasse ed il debito pubblico.

Venendo al nostro caso specifico sembrerebbe quindi che una “cordata” (termine anche questo ormai inflazionato…) avrebbe presentato un piano che prevede un investimento di oltre 2 milioni di euro finalizzato alla ristrutturazione e alla successiva manutenzione ordinaria e straordinaria di un polo sportivo che comprende Palaghiaccio e Tennis Club Le Bettole. Tale piano, inutile dirlo, prevede che venga promosso un bando per il project financing (“Polo sportivo, c’è il progetto”).

Sorvolando sul fatto che tali progetti abbiano una strana tendenza a palesarsi nel periodo elettorale, è curioso che mentre per anni l’assegnazione della gestione degli impianti comunali sia risultata a dir poco complessa ed il precedente bando sia andato deserto, ora improvvisamente si manifesti un progetto di tale portata.

Ciò non vuol dire rifiutare a priori un progetto potenzialmente utile per la città ma significa invece affermare sin da ora che qualsiasi iniziativa che prevede l’uso di risorse o di strutture pubbliche deve essere gestita in modo pienamente trasparente. Nessun progetto rilevante può essere intrapreso senza una seria analisi costi/benefici.

In particolare nel caso di progetti finanziati con la tecnica del project financing è indispensabile definire in anticipo su chi (investitori privati, banche o comune) graveranno eventuali perdite qualora i ricavi dovessero rivelarsi inferiori alle attese (ipotesi tutt’altro che remota come evidenzia lo studio citato).

Varese 2.0 ha posto al centro della sua proposta politica l’attenzione ad una gestione oculata delle risorse pubbliche. Se il 5 giugno i varesini  concederanno fiducia al Movimento civico nemmeno un euro delle loro tasse verrà sprecato.

 

* Candidato al Consiglio Comunale per il Movimento civico #Varese 2.0, lista Zanzi

 

 

 

 

 

 

Cosa ne facciamo dei vecchi? di Antonio Martina

 

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L’Istat ci dice che la popolazione è destinata ad invecchiare gradualmente. L’età media aumenta da 43,5 anni del 2011 fino ad un massimo di 49,8 anni nel 2059. Dopo tale anno l’età media si stabilizzerà sul valore di 49,7 anni, a indicare una presumibile conclusione del processo di invecchiamento della popolazione. Particolarmente accentuato, entro i prossimi trenta anni, sarà l’aumento del numero di anziani: gli ultra 65enni, nel 2011 pari al 20,3 per cento del totale, aumenteranno fino al 2043, anno in cui oltrepasseranno il 32 per cento. Dopo tale anno, tuttavia, la quota degli ultra 65enni si consoliderà intorno al valore del 32-33 per cento, con un massimo del 33,2 per cento nel 2056. Si tratta di oltre 20 milioni di persone che dovranno lavorare ancora per cinque anni con tutte le conseguenze del caso. Un altro scenario interessante è dato dalla capacità di reddito e quindi di spesa di questa fascia della popolazione che certamente influenzerà l’offerta di prodotti e servizi. Già oggi se ci attardiamo di fronte al televisore e tra i programmi locali, troviamo inserti pubblicitari su: fissatori per dentiere, pannoloni per incontinenti, seggiolini attrezzati come sali-scendi di scale interne, assi water per facilitare seduta e sollevamento, eliminazione delle vasche da bagno sostituite da eleganti docce con maniglioni e seggiolino, materassi  e cuscini particolari in letti semoventi, poltrone che facilitano il riposo assumendo diverse posizioni grazie alle motorizzazioni elettriche applicate, fasce ed apparecchi per dolori di qualsiasi genere, creme rassodanti e anti rughe. Ma si tratta di persone che avranno bisogno, soprattutto, di assistenza geriatrica. E noi non siamo attrezzati per queste crescenti necessità. Ma c’è chi spera peggiorino i recentissimi risultati raggiunti. Nel 2015 l’Italia ha registrato un calo record di abitanti: 150 mila. Gian Carlo Blangiardo, docente di demografia all’Università di Milano Bicocca, sottolinea che per trovare un simile risultato bisogna tornare al triennio 1916 -1918 in cui si sommavano le tristi conseguenze della Grande Guerra e gli effetti letali dell’epidemia “spagnola”. Come se fosse sparita una città di medie dimensioni considerando che si tratta di un saldo naturale ossia del rapporto tra nati e morti con un calo del supporto netto migratorio. In un editoriale dal titolo Abbiamo avuto 150mila invitati in meno al banchetto di capodanno? dice: “se è vero che il 2014 era passato alla storia per il primato della più bassa natalità dai tempi dell’Unità Nazionale, le morti del 2014 hanno sorpassato le corrispondenti nascite per ben 96 mila unità”.

Un’altra considerazione va estesa alle condizioni di maggiore povertà e di una peggiorata assistenza sanitaria, una delle concause di questi risultati. Anche se l’assistenza sanitaria si estende, avviene con minore qualità e responsabilità degli incaricati. Per dirla con una battuta sarcastica pronunciata dal bravissimo Crozza: come faccio a saper se sono grave quando non riesco ad effettuare la Tac indispensabile per fugare dubbi diagnostici? Non riesco per i tempi troppo lunghi di attesa o non posso permettermi di pagarla in strutture private e più veloci; non saprò se ero veramente grave, muoio!

 

 

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