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Infopoint ovvero infofregatura.

Immagine infopoint

 

di Alessandro Ceccoli *

Orrigoni, Malerba, ecc.: non credete alla diversità, presentano facce diverse, ma dietro di loro ci sono sempre i soliti noti, quelli che per vent’anni hanno occupato posti senza averne le competenze avendo sperperato risorse e sprecato opportunità.
Non vogliamo raccontarvi dei milioni presi dalle tasche dei contribuenti per un’inutile funicolare, neanche del megaprogetto del doppio ospedale, oppure dell’acquisto improvvido della Caserma Garibaldi e neanche della vicenda del latte Varese, o della svendita per coprire spese correnti delle azioni della A2a. Potremmo continuare all’infinito ricordando anche la triste vicenda della spartizione dei posti nella fondazione Molina o di come Varese2.0 ha fermato lo spreco del parcheggio tra le rocce del Sacro Monte, ma preferiamo solo soffermarci su un’ultima foto di famiglia di questi giorni. L’inaugurazione in grande pompa a Varese dell’infopoint. Una storia che se non ci fossero di mezzo i nostri soldi si potrebbe definire estremamente divertente. Parliamo di un infopoint che non trova pace. Partito, crediamo di ricordare, dalla Camera di Commercio, approda dopo varie vicissitudini e soldi investiti in via Romagnosi, in concomitanza dell’istallazione dei quasi inutili totem digitali posizionati nel centro cittadino. Poi arriva la genialata.  Con expo, c’erano altri soldi da spendere, e si dà il via all’inaugurazione in Piazza Montegrappa di un nuovo manufatto. Ma ai nostri eroi non bastava: quale migliore occasione delle prossime elezioni per rispostarlo nella Camera di Commercio in via Bernasconi, con grande inaugurazione e taglio di nastro per mano dell’immancabile Maroni prossimo consigliere fantasma a Varese.  Certo dobbiamo ammettere che questi signori, privi di progettualità e nella piena indifferenza dello spreco dei soldi altrui, ne hanno di fantasia!  Anche perché per accedervi, se non si vuole fare un tiro di dadi nel gioco dell’oca, bisogna fare una rampa di scale e passare davanti a un’elegante isola ecologica che, aggiungiamo per correttezza, dovrebbe essere spostata con buona pace dei contribuenti che vedranno altre risorse svanire nel nome dell’inadeguatezza di una classe dirigente.

 

* Movimento civico Varese 2.0

Insubria: sfatare il mito del “campus”

di Cesare Chiericati candidato Varese2.0

Cesare 004E’ di qualche giorno fa la notizia che l’Università Cattolica di Milano ha acquisito, dopo anni  di trattative con la Stato, la caserma Garibaldi adiacente l’ateneo e sede da tempo immemorabile della Polizia e di un reparto dell’ Esercito che troveranno nuova casa rispettivamente in piazzale Firenze e in altra caserma cittadina. “ E noi – ha detto il rettore Franco Anelli – potremo così concentrare le nostre attività distribuite in più sedi”. Costo dell’operazione 88 milioni di euro, molto ben spesi perché la Cattolica, fondata nel 1921 da Padre Agostino Gemelli, diventerà il più grande polo universitario urbano della città. Quella maturata tra i chiostri di piazza Sant’Ambrogio è si una scelta razionale sul piano economico e organizzativo ma è anche un contributo molto importante alla rigenerazione urbana di una zona nevralgica e prestigiosa della capitale lombarda. Da un lato torneranno a nuova vita edifici monumentali oggi in via di lenta decomposizione, dall’altro l’accresciuta presenza studentesca darà nuova linfa umana, culturale, economica a tutta l’area circostante. Esattamente il contrario di quanto si è fatto a Varese dove si è invece deciso di concentrare tutto nel “campus” cresciuto a Bizzozero mandando in soffitta la vecchia sede presso l’ex Collegio Sant’Ambrogio. Scelta in parte imposta dalla crescita degli iscritti ma che tuttavia non giustifica la fuga da via Ravasi. Lì avrebbero potuto tranquillamente rimanere le due facoltà tradizionali (economia e giurisprudenza), che non necessitano di grandi spazi per laboratori attrezzati, più il rettorato, le relative biblioteche, gli uffici dei docenti e la grande aula magna.

Su questa tema cruciale la città e la politica sono apparse distratte, assenti, quasi la questione non fosse di vitale importanza per il futuro di Varese. Solo uno studio accurato condotto per il Movimento civico Varese 2.0 dall’architetto Angelo Del Corso e dal professore Valerio Crugnola, raccolto nel volumetto “Semi di città”, ha preso di petto il problema. Scrivono gli autori: “ La scelta di trasferire tutti gli insediamenti universitari e i relativi servizi in una vasta area un tempo agricola tra le Bustecche e Bizzozero, vagheggiando un campus estraneo alla tradizione europea, è stata quanto mai infelice. Crea disagio agli studenti, ghettizza la vita universitaria e la allontana dalla città, facendone un corpo estraneo anziché uno dei suoi nuclei vitali…. Per quale motivo gli studenti fuori sede dovrebbero desiderare soggiornare in un ghetto all’estrema periferia della città, del tutto isolata la sera?….Non solo gli studenti hanno bisogno di stare nel centro storico. Anche il centro storico ha bisogno degli studenti. E’ così da secoli in tutta Europa; e noi, fino a prova contraria, non solo siamo in Europa, ma siamo stati, come italiani, tra i primi a beneficiare del rapporto tra studenti e città: un beneficio culturale e di vitalità ben superiore a quello economico e occupazionale. Ma a questo né gli ermellini dell’Insubria né le autorità politiche hanno evidentemente pensato”. L’esatto contrario di quanto viceversa sta facendo la Cattolica a Milano e di quanto già è stato fatto in altre città come Torino. Non resta che sperare in un soprassalto di ragionevolezza in tutte le parti in causa, magari indotta dalle imminenti elezioni. Chissà mai che il dogma del “ campus” a tutti i costi non si stemperi grazie a pacate e più realistiche valutazioni da farsi all’interno del controverso e contestato Masterplan di Piazza Repubblica. Per il bene dell’Università dell’Insubria e di Varese tutta.

 VARESE IN FERROVIA SVOLTA EPOCALE: DI EUGENIO PERSENICO *

 

Non capita di frequente che una formazione politico-amministrativa si interessi di problemi che vanno fuori dai rigidi confini della propria competenza giuridica. Questa volta, in questa tornata elettorale, càpita: Varese 2.0 pone attenzione al nuovo raccordo ferroviario  che in modo improprio e riduttivo è stato definito Arcisate-Stabio, attualmente ancora in costruzione. In effetti, se anche non si volesse al momento affrontarne il ruolo internazionale largo, europeo, tuttavia è evidente la sua importanza di fondo per il prossimo sviluppo dell’area varesina, di cui la città capoluogo dovrebbe farsi promotrice, almeno a livello territoriale sub-regionale. Importanza per la verità misconosciuta da Varese in questi ultimi dieci  anni,  fin  dalle proposte progettuali e non scalfita neppure dall’inizio dei lavori.  Eppure…

Eppure, quando fra un anno- un anno e mezzo, la nuova ferrovia sarà in esercizio, Varese non sarà più una stazione (praticamente) di testa, terminale di una radiale in partenza da Milano, ma sarà trasformata in stazione passante, collegata con continuità e agevolmente con centri di assoluto interesse quali Como e Lugano. Al di là della questione  tecnico-ferroviaria è evidente come questo fatto possa cambiare l’attuale ruolo di Varese sul territorio, non più solo capoluogo di riferimento dell’alto varesotto ma polo attivo all’interno di scambi di varia natura – culturali, sociali, economici e altro  – in un contesto di area vasta molto qualificata, sub regionale ed internazionale.

Se è vero che da Varese l’accesso a Como e Lugano con mezzo pubblico in sede propria (quindi affidabile) si è stimato di durata inferiore alla mezz’ora, è altrettanto vero come valga il reciproco: da Como e Lugano potrà convenire spostarsi con una sostenuta frequenza verso Varese, a certe condizioni.  Quali? Che Varese, per esempio, riesca a ritagliarsi e costruirsi una immagine di prima fila – di livello regionale o pluriregionale – in un settore originale, ancora poco esplorato e poco diffuso. E che poi metta in calendario i conseguenti eventi locali, ad integrazione e non in concorrenza con le cittadine sunnominate,  nei periodi in cui la città può offrire il suo aspetto  più attraente. Scelte delicate e spinose, che impongono una ricognizione generale delle attività in essere e una analisi delle possibili vocazioni varesine, e che richiedono oltretutto  una forte dose di coraggio nell’indicare una direzione di marcia. (Potrebbe essere la musica classica contemporanea, che pure a Milano è trascurata?).   C’è da dire che se anche la ferrovia è ancora di là da venire, tuttavia già se ne  stanno studiando  gli orari di funzionamento, un argomento non secondario rispetto al tipo di problema sollevato ma che non è mai risultato all’attenzione di chi di dovere.

Il contesto delineato coinvolge infine direttamente il progetto della unificazione delle due stazioni ferroviarie di Varese, Nord e Stato, progetto molto discusso e minimamente avviato. Logico che si debba proporre fra le due un percorso pedonale dedicato ai viaggiatori, ma lo scopo primario dell’intervento dovrebbe consistere nel risolvere l’attuale non-luogo di quest’area trasformandolo in un ambiente in cui sia piacevole spostarsi, fermarsi,  conversare, leggere, studiare, informarsi, ecc., un quartiere insomma, presidiato da servizi pubblici confortevoli e di buona qualità. Tutto il contrario di quanto ci aspetta oggi. Non sarebbe proprio il caso di attrarre popolazioni dall’esterno per offrire poi uno spettacolo penoso.

* Architetto, assessore alla grandi opere del Comune di Induno Olona nella passata legislatura

Ci rivolgiamo ai Varesini liberi e responsabili Rosanna Vitali detta Geny

Il prossimo 5 giugno sarà “responsabilità” degli elettori delegare all’Amministrazione persone capaci, persone semplicemente di buon senso e concrete assolutamente capaci
1) di una visione chiara della deteriorata realtà locale e delle problematiche connesse
2) degli “obiettivi” da raggiungere
3) di darsi strumenti e criteri per conseguire eque soluzioni.
Varese è stata troppo sfruttata, senza risparmio per l’iniziativa e l’ingegno dei suoi cittadini, per la ricchezza collettiva da questi prodotta, per lo straordinario capitale avuto in dote dalla natura. La Città è inoltre stata gestita senza alcuna considerazione per il patrimonio storico-artistico ereditato da chi la bellezza del suo territorio aveva coltivato prima di noi. Chi nega questo deterioramento non ha negli ultimi decenni focalizzato il proprio sguardo sulle carenze che determinava e che i varesini hanno subito, l’attenzione rivolta invece verso interessi lontani da quelli dell’intera comunità.
Ma abbiamo finalmente un’alternativa.
Noi non siamo stati a guardare. Da tempo il Movimento Civico #VARESE2.0 denuncia e contrasta con successo macro-episodi di mala amministrazione: tutti “affari milionari”. Lo ha fatto e lo fa, svincolato da orientamenti politici che nella maggior parte delle contingenze ignorano o trascurano le peculiarità delle realtà territoriali. Libertà è agire in modo incondizionato, privilegio che il nostro movimento si conquista giorno dopo giorno. Per queste elezioni ci siamo autofinanziati, e anche questo ci rende liberi. Agiamo in modo INDIPENDENTE e soprattutto CONCRETO.
Queste elezioni amministrative varesine si legano come non mai a valori fondamentali in una società democratica: la libertà e l’indissolubilmente complementare “responsabilità”.
Ci rivolgiamo per questo ai Varesini liberi e responsabili, convinti che siano una silenziosa maggioranza, e chiediamo loro supporto e collaborazione prima e dopo il 5 giugno.

LA CITTÀ FUTURA di Valerio Crugnola Candidato Va.2.0

 

(5) Valerio Crugnola_20160527151312

Strategie per la crescita culturale della città

 

(2016-2031)

 

Trascurare la cultura come è avvenuto a Varese nel venticinquennio leghista ora avviato a un corrusco tramonto, è stata una scelta insensata.

In un sistema economico dominato dalla conoscenza, la cultura come attività creativa, produttiva, divulgativa e formativa diffusa è uno dei massimi fattori strategici per lo sviluppo economico e sociale di un territorio, per la crescita personale e la qualità della vita. La cultura è fonte di ricchezza, quale che sia il senso che diamo a questa parola.

Occorre investire nella cultura in un orizzonte di medio e lungo termine: il territorio varesino quale vogliamo sia nel 2030.

Migliorare l’offerta immediata di «eventi» è importante ma non è decisivo per il futuro della città. È a strutture permanenti che dobbiamo pensare. I pochissimi progetti dell’amministrazione uscente – in particolare il Masterplan di piazza Repubblica e la destinazione di Villa Mylius – vanno radicalmente rivisti o abbandonati, e sostituiti da una visione che coniughi opportunità e bisogni.

La via maestra consiste nel promuovere e realizzare istituzioni e infrastrutture innovative, tali da cambiare il volto di Varese e del suo hinterland. Questa strategia va sostenuta con flussi mirati di investimenti, pubblici e privati, che recuperino edifici, parchi o pezzi di territorio da ridestinare alla produzione e all’intrapresa culturale.

Varese non è una città di giovani né per giovani. Investire in cultura significa investire sul loro futuro. Il Comitato Varese 2.0 crede in una città che anche grazie all’intraprendenza culturale ringiovanisce sul piano demografico, intellettuale e civile e si libera finalmente della sua mentalità provinciale.

Gli investimenti in infrastrutture sono il pilastro della Varese futura.

 

  • La Biblioteca civica nella sede di via Sacco verrà arricchita da una sezione plurilingue e nella saggistica, e avrà una nova sede multimediale nell’edificio ristrutturato nella Caserma, destinata alla consultazione di e-book, siti scientifici e universitari, consultazione di libri, riviste, bibliografie e archivi on line, nonché film, composizioni musicali e quant’altro sia reperibile in internet. In parallelo andranno accresciute e meglio servite le sale studio.
  • Con gli anni vanno recuperati a funzioni culturali il Castello di Belforte, l’ex Seminario di Masnago, i Broletto e gli antichi cortili del centro, Palazzo Estense, Villa Tamagno, il compresso dell’ex Ospedale Psichiatrico a Bizzozzero, villa Recalcati, alcuni edifici di archeologie industriale (a partire dall’ex Macello), e alcune scuole in disuso,
  • Le ville Mylius, Toeplitz e Baragiola devono divenire poli culturali di prima grandezza.
  • Va acquisito almeno un edificio di grande pregio che possa ospitare un Museo del Liberty.
  • Gli edifici dell’ex Collegio Sant’Ambrogio vanno mantenute per riportare almeno una parte delle attività universitarie, specie quelle rilevanti per tutta la città.

Lo scopo di questi recuperi è di potenziare anzitutto le opportunità formative a disposizione della città. Pensiamo a un circuito di nuova concezione di musei didattici (la storia della città dal ‘700 ai giorni nostri; la storia della produzione e dell’economia di Varese e provincia; la Storia delle Scienze e delle Tecniche con particolare attenzione agli apporti locali, e altro ancora). Pensiamo a un decentramento di eventi culturali che investa le periferie; il recupero di questi spazi andrà destinato alle attività associative e ricreative, alle espressioni culturali amatoriali e alla divulgazione popolare.

La città potrà ospitare tre nuove e originali istituzioni di alta formazione: un’Accademia del Paesaggio; un’Accademia per le espressioni artistiche e visuali contemporanee; un’Accademia delle Musiche contemporanee.

La principale risorsa della città sono i parchi, pubblici e privati. Essi andranno inclusi a pieno titolo nei percorsi culturali, didattici e turistici della città. Le architetture del Campo dei Fiori devono rientrare in questi percorsi con interventi tanto urgenti quanto opportuni. Vanno allestiti altri parchi naturali attrezzati e protetti: il PLIS della Bevera e un parco tra Calcinate del Pesce e Capolago, da imperniare se possibile su un Acquario Lacuale inedito in Italia.

Vanno valorizzate e sostenute alcune eccellenze: la Cittadella delle Scienze; il Premio Chiara; Filmstudio ’90; Esterno Notte; Convergenze; Corti/Sonici; Stagione Musicale; Musica nelle Ville; Microcosmi.

L’offerta di eccellenze potrà essere ampliata nel corso del tempo in riferimento alla storia della città, ai ruoli dell’università e all’esistenza di competenze in grado di varare nuove rassegne. L’alta divulgazione dovrà unirsi a eventi originali che distinguano la città in sede nazionale o internazionale.

Infine, il rilancio del Sacro Monte verrà anzitutto dalla sua restituzione ai valori spirituali che gli sono propri, meglio se reinterpretati alla luce delle culture contemporanee, religiose e laiche.

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