UNA COMMISSIONE E IL PAESAGGIO POLITICO

DANIELE ZANZI – 05/02/2016

zanziRacconto di un’amarezza civica” s’intitolava l’articolo comparso il 5 ottobre 2012 su RMFonline. Lo riproponiamo perché attuale, data la vicenda giudiziaria che riguarda Daniele Zanzi. L’esposto del sindaco nei suoi confronti arrivò tre anni dopo questi fatti.

“Libertà non è stare sopra un albero. Libertà è partecipazione”. Ho sempre avuto con me e mi hanno sempre accompagnato nella mia vita pubblica e privata questi versi di Giorgio Gaber.

L’impegno civile e sociale, disinteressato ed onesto, dovrebbe essere il faro di ogni esistenza; soprattutto nel quotidiano, nella vita spicciola di tutti i giorni, nelle relazioni con i colleghi di lavoro, nella scuola, nella parrocchia per finire al sociale e alla politica. Un tempo i varesini che si erano affermati nella loro professione o nel loro lavoro – penso agli Ossola, agli Oldrini, allo Zanzi, al Vaghi, al Luigi Bombaglio, al Lanciotto Gigli e quanti altri ancora – si mettevano al servizio disinteressato della città dalla quale avevano ricevuto tanto; una sorta di doveroso ringraziamento. Oggi queste figure sembrano non andare più di moda. Si concorre alla vita pubblica come scorciatoia maestra per ottenere ed arrivare al successo professionale. L’ottica è ribaltata a trecentosessanta gradi. Si partecipa, schierandosi, per arrivare al primariato, per divenire avvocati o direttori di qualche Ente pubblico o semi pubblico. Si arriva, in questo mondo che gira al contrario, a guardare con sospetto, a meravigliarsi, al chiedersi “cosa ci sarà mai dietro?” quando ci si imbatte in persone che invece credono ancora nell’impegno disinteressato e intellettualmente onesto.

Quello che è capitato questa settimana, cioè la mia “epurazione”, dopo quattro anni di servizio, da Presidente della Commissione del Paesaggio, è emblematica dei tempi in cui viviamo. La Commissione del Paesaggio, con lo scopo evidente di tutelare e sorvegliare sull’integrità del paesaggio, nasce come Legge Nazionale nel 2004 e viene recepita a livello regionale solo nel 2008.

Il Comune di Varese fu quindi obbligato in quell’anno a dotarsi di tale strumento tecnico-urbanistico e si attivò di conseguenza nella selezione di cinque figure professionali che come, recita la Legge, dovevano possedere requisiti tecnici specifici. Tecnici, dunque – architetti, geologi o agronomi – e non certo salumieri; altrimenti che Commissione tecnica sarebbe? Tanto meglio – ed è scritto nelle regole di selezione dei candidati – se questi tecnici possiedono conoscenza specifica del territorio, sappiano cioè come muoversi, conoscano la storia e la vita del paesaggio locale che si andrebbe a tutelare. Tutto molto ovvio e scontato; il buon senso, e non solo, dicono questo. La selezione dei candidati è fatta in base a curriculum volontariamente presentati dai quali si deve evincere l’esperienza maturata nel settore, incarichi equipollenti svolti, specializzazioni conseguite, ecc. Quindi una nomina basata sulla competenza e non, come spesso accade, sull’appartenenza. Finalmente!

Il mio curriculum all’epoca – 2008 – era composto da trentadue pagine! Tant’è che la Giunta – e non il Consiglio Comunale di Varese – mi scelse all’unanimità, non solo come membro effettivo della Commissione – tre architetti, un geologo ed un agronomo -, ma come Presidente.

Per me, forte della mia esperienza e della mia professionalità, era giunto il momento di sdebitarmi nei confronti di una città dalla quale avevo ricevuto tanto.

Seguirono quattro anni di intenso e non facile lavoro; non facile perché questa era la prima volta che una Commissione deputata alla tutela del paesaggio operava sul territorio varesino.

Ovviamente si cercò di stabilire un metodo di lavoro condiviso da tutti; le novità portano anche cambiamenti nelle routine e nelle prassi consolidate. Gli ostacoli, le opposizioni e i mugugni fanno parte delle novità. Eravamo visti, anche all’interno dello stessa Amministrazione, non come una risorsa e una ricchezza, ma come un’ inutile fonte di fastidio, sopportata a malapena solo perché una Legge ne imponeva la presenza.

Tutti i mercoledì pomeriggio, con puntualità svizzera e a titolo completamente gratuito, ci siamo riuniti – 35-40 sedute annuali. Abbiamo esaminato in tre anni oltre 1500 pratiche – concessioni edilizie, piani d’intervento attuativi, progetti, richieste di abbattimento alberi o di installazione di antenne per la telefonia, concessioni per insegne tutelate pubblicitarie – . Abbiamo espresso dinieghi, evidentemente scontentando molti, ma anche rilasciato molti permessi; abbiamo sempre e comunque ascoltato tutti, aprendo le porte dell’urbanistica a progettisti, cittadini e amministratori pubblici, uscendo anche spesso sul territorio per renderci conto di persona dell’impatto che un’opera avrebbe avuto sul paesaggio della nostra città. Abbiamo regalato alla cittadinanza oltre 1400 ore di lavoro professionale gratuito, quantificabile, applicando i minimi delle tariffe professionali, a circa 120.000 Euro.

Per favorire la massima trasparenza e partecipazione condivisa abbiamo da subito espresso le nostre linee guida così che ben fosse chiaro a tutti i professionisti e ai cittadini come la Commissione si muovesse e cosa pretendesse; tale vademecum che avrebbe dovuto essere diffuso ad opera del Comune giace polveroso in qualche cassetto. Con cadenza annuale, come prescrive la Legge, abbiamo elaborato il Documento sullo stato del paesaggio in cui vengono riportate le principali tematiche affrontate nel corso delle sedute e le modalità di valutazione dei progetti. In tale documento abbiamo evidenziato le criticità emerse e le proposte e gli obbiettivi di qualità che intendevamo perseguire Queste relazioni annuali, un po’ la sintesi ad uso pubblico delle nostre fatiche, avrebbero dovuto essere portate dal competente Assessore in Consiglio Comunale per doverosa informazione e per un’eventuale discussione pubblica; mai successo! La Commissione del paesaggio sembra non essere mai esistita o aver mai lavorato.

Qualcuno, insediandoci, pensava forse che la nostra funzione fosse semplicemente quella di dare un bel vestito ad un brutto progetto; di usare le nostre competenze per indorare qualche pillola: “Nel parcheggio sotterraneo a Villa Augusta al posto dell’ortensia la Commissione impone di mettere la forsitia, al posto della finestra quadra quella tonda”. Insomma, no a entrare nel merito diretto, specie se si tratta dei grandi progetti di cui questa Giunta è usa vantarsi – stazioni, autosili interrati nei parchi storici, Sacro Monte, Ville Ponti, Villa Mylius, nuovi alberghi e centri commerciali e residenziali, ponti moderni che vanno a sovrapporsi a manufatti settecenteschi demolendo un ettaro di bosco. Dunque svolgere solo una funzione marginale.

Nulla di questo abbiamo fatto in questi anni; proprio perché la Legge di chiede e ci obbliga, come logico, ad entrare nel merito. E questo la Commissione ha sempre fatto; forse commettendo errori, ma certo sempre in buona fede e nella certezza di fare il bene dei cittadini e non solo di una parte di essi.

In poche parole siamo sempre stati al servizio dei varesini, mai di una parte politica.

Dopo quattro anni di impegno, di duro lavoro, di passione qualcuno si accorge ora che sono un professionista che opera sul territorio e mi solleva dall’incarico per manifesto conflitto d’interesse.

Ma leggendo quattro anni fa il mio curriculum non si accorsero di cosa facevo? Con la stessa logica qualcuno potrebbe chiedere al Sindaco di chiudere il suo studio professionale di avvocato; e che dire di tutti gli immobiliaristi e costruttori edili che siedono in Consiglio Comunale e che tra pochi mesi dovrebbero votare il nuovo PGT ? Certo, per dignità mia, ma anche di tutti i varesini, impugnerò nelle dovute sedi questa “epurazione” fatta tra l’altro nemmeno leggendo bene la Legge.

Penso che sia chiaro a molti, se non a tutti quali siano le reali ragioni dell’esclusione. Basta andare al leggere i verbali della Commissione contrari al parcheggio sotterraneo di Villa Augusta, di Villa Mylius, i pareri sul Ponte della Rasa, sui Giardini Sospesi, e quanti altri ancora. Morale di questa emblematica storia: si fanno bandi per chiamare i cittadini ad impegnarsi nella vita civile e amministrativa, si insediano professionisti ritenuti i migliori presenti sul territorio, e poi, quando si realizza che questi professionisti fanno veramente il loro lavoro, si pretende che se ne stiano a cuccia. Mi scuso, avrei solo voluto mettere la mia esperienza di professionista affermato al servizio della mia città, senza obblighi o legacci; per me “…libertà è sempre e ancora partecipazione”.